Con il perdurare della crisi le imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni, sono sempre più ossessionate dai rating e dal suo monitoraggio….
Avere un rating sufficiente per ottenere un finanziamento non è cosa semplice.
I bilanci non solo sono in “ rosso” ma spesso gli indici risultano completamente “sballati”. Le cause sono molteplici.
Cattiva abitudine di ricorrere al credito a breve, la costante capitalizzazione, la scelta di ridurre all’ osso gli utili per pagare meno tasse ma, ancora più importante, la mancanza assoluta di una cultura di pianificazione economica – finanziaria.
Il rating non è altro che un calcolo basato sull’ analisi dei bilanci, quindi se i conti non sono in ordine niente finanziamenti.
Il più delle volte inoltre le modalità di attribuzione del rating risultano oscure quindi l’ imprenditore non sa esattamente cosa deve fare per migliorare. A ciò si aggiunga che i sistemi di rating variano da banca a banca quindi un mare nel quale è difficile trovare la rotta…la poca trasparenza certo non aiuta.
E pensare che in origine si è tanto parlato dell’ obbligo per le banche di motivare le loro decisioni sui rating attribuiti alle imprese….come sempre tante parole ma pochi fatti.
Cerchiamo di chiarire in modo semplice e comprensibile a tutti, anche ai non addetti ai lavori, alcuni aspetti sui sistemi di valutazione del rischio creditizio.
Con l’ entrata in vigore di Basilea 2, per la concessione del credito, le banche utilizzano i sistemi di rating ossia classificano la propria clientela in funzione del rischio.
Gli elementi di valutazione elaborati dai sistemi di rating sono di natura quantitativa e qualitativa.
I primi sono elementi oggettivi e risultano per esempio dal bilancio, dal rendiconto finanziario e dalla Centrale Rischi; i secondi hanno per loro stessa natura un margine di soggettività connesso al giudizio che trasforma in numeri le informazioni qualitative. Gli elementi qualitativi derivano per esempio dai sistemi di pianificazione e controllo di gestione, dai piani e budget aziendali, dai business plan, da analisi di mercato e/o settoriali, ecc.
A differenza dell’analisi quantitativa, che è rivolta al passato, con la valutazione qualitativa si considera presente e ancor di più il futuro.
L’impresa non verrà premiata o bocciata unicamente a seconda di quello che ha fatto in passato e che si evince dai bilanci, ma anche in virtù di quelle che sono le sue potenzialità.
Di fatto, se questo era l’ intento originario di Basilea 2, non è stato così.
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A cura di Dott.ssa Alessandra Gervasi Ufficio Finanziamenti Plan Consulting
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10 Comments
Gian Piero Turletti
Ogni istituto di credito ha un suo sistema di rating, praticamente, e spesso tale metodologia non è conosciuta neppure ai funzionari, che gestiscono il rapporto con la clientela.
Spesso, infatti, lo studio e l’implementazione di tali metodologie sono addirittura affidati a strutture consulenziali, che forniscono il software necessario, ma praticamente criptando le formule.
In pratica, il sistema consente di immettere i dati, estrapolati ad esempio dai bilanci, ma senza possibilità di visualizzare le formule, che portano ai risultati eleborati dal software.
Del resto, ottenere questo risultato di criptare le formule, tecnicamente, è piuttosto semplice, anche solo usando un semplice foglio excel, in quanto è sufficiente inserire una password, relativa alla funzione che blocca la visualizzazione delle formule.
E’ comunque risaputo che scarsa o nessuna rilevanza è conferita, almeno in Italia, ad elementi prospettici come i business plan, in quanto solitamente si conferisce rilievo ai dati effettivi di bilancio, e non ad elementi che, invece, si considerano pure ipotesi.
Infine, quanto alla motivazione delle decisioni bancarie, credo che la cultura del sistema creditizio sia sempre stata improntata ad autarchia, e ben poco disponibile a consentire quelle che sono considerate alla stregua di indebite interferenze.
Concludo, infatti, proprio con un aneddoto che conferma ciò.
Una volta, occupandoni delle pratiche istruttorie per un finanziamento, che era stato negato, chiesi al funzionario se poteva spiegarmi, sia pur a grosse linee, le relative motivazioni e, più o meno, ecco la risposta: “ma noi siamo banche, e non dobbiamo motivare le nostre decisioni…”…a buon intenditor…poche parole….
Ugo Ruffolo
I modelli di rating funzionano correttamente in presenza di un universo di dati statisticamente segnificativo, e secondo me il numero di aziende che fornisce alle banche dei piani finanziari o dei bilanci previsionali è troppo limitato per farci delle analisi attendibili ed estendibili.
Nel merito del post, le componenti qualitative sui modelli pesano pochissimo, ovvero sono sostanzialmente irrilevanti rispetto al bilancio ed ai dati andamentali (tra i quali evidenzio soprattutto i rapporti bancari propri in ciascuna banca, oltre che alla componente di sistema della Centrale Rischi).
A parere mio, sapere come è calcolato il rating da una banca serve a poco, l’imprenditore deve concentrare i suoi sforzi per fare andare bene l’azienda. Ad esempio, serve il rating per capire che l’azienda è sottocapitalizzata e che l’imprenditore deve ricapitalizzare?
Un ultimo inciso: per quanto vedo io, le banche non erogano credito in base al rating: se questo è negativo prestano più attenzione alla pratica, ma non è quello l’unico elemento decisionale… altrimenti, come disse Matteo Arpe “se il credito si dà in base al rating, i fidi li può deliberare il bancomat”.
Patrizio Gatti
Ciao Ugo , credo che tu abbia ragione in quanto le aziende che presentano bilanci previsionali e pianificazioni non sono molte.(invece agli albori del parlare di Basilea si pensava che queste sarebbero aumentate )
Confermo che purtroppo le analisi qualitative contano poco .Per ciò che riguarda la tua ultima osservazione purtroppo o per altri casi per fortuna, conta in grande parte il rating laddove è possibile calcolarlo .La valutazione come tu osservi comprende anche altri elementi come per esempio e soprattutto le Garanzie , Garanzie che ,se reali, vanno ad influire sul rating .
Grazie per il tuo buonissimo intervento .
ciao Patrizio
Patrizio Gatti
ciao Gianpiero , grazie per il tuo commento . La cosa che hai raccontato alla fine del tuo intervento mi fa dispiacere perchè ormai al di là delle spiegazioni tecniche , la gentilezza dovrebbe essere in ogni Istituto e ti confermo che tranne qualche raro caso la maggior parte dei bancari che conosco sono di solito molto gentili.
Ugo Ruffolo
Patrizio.
consentimi di dissentire: se una banca non è validata IRB il rating non ha alcuna valenza deliberativa. Probabilmente il direttore di filiale ti dirà così per trovare un capro espiatorio. Attualmente in Italia ci sono solo 4 banche validate IRB: Unicredit, MPS, Credem e Intesa (mi pare solo per il segmento Corporate). Da queste posso accettare una risposta del genere, dalle altre no.
Per quanto riguarda le garanzie, la tua affermazione è errata: le garanzie NON influiscono sul rating (cioè sulla probabilità di default dell’impresa), ma sulla LGD della singola operazione.
Patrizio Gatti
Ciao Ugo , devo dire che la tua preparazione in materia è di tutto rispetto.
La PD, probabilità che un’impresa sia insolvente e misurata dalle “etichette” (AAA, BBB,)
L’affermazione esatta è che “le Garanzie che ,se reali, vanno ad influire sulla Loss Given Default “.
Per quanto riguarda il metodo IRB, le garanzie agiscono in riduzione di LGD e possano diminuire il rischio attribuito all’esposizione e, di conseguenza, l’entità del capitale di vigilanza che la Banca deve stanziare.
Ugo Ruffolo
Patrizio,non capisco il senso della tua risposta, sembra un collage di copia incolla da altri testi.
E comunque anche questa tua affermazione è parziale: tutte le garanzie vanno a ridurre la LGD, non solo quelle reali. E solo per il modello IRB Advanced, non per l’IRB Foundation.
Tornando all’oggetto del tuo post sul blog, spero di averti fatto capire che il rating è una conseguenza della situazione aziendale: affinché l’azienda goda di credito presso il sistema bancario, occorre lavorare per migliorare l’andamento gestionale. Quando l’azienda andrà meglio, migliorerà anche il rating.
Alle imprese servono molto più spesso consulenti organizzativi che consulenti economici/finanziari.
Patrizio Gatti
Ciao Ugo Sono d’accordo come dici “affinché l’azienda goda di credito presso il sistema bancario, occorre lavorare per migliorare l’andamento gestionale.”
Già sin dal 2004 ho fatto seminari e articoli per dire alle imprese di pianificare, utilizzare sistemi di previsione economica finaziaria –
E’ anche vero che ai seminari venivano per lo più commercialisti invece che imprenditori .
Quindi capisco bene ciò che dici
ciao
Patrizio
Patrizio Gatti
Ugo ritornando al fatto che non capisci il senso della mia risposta
“vanno ad influire sulla Loss Given Default “.” io avevo scritto “vanno ad influire sul Rating” che come osservato da te non andava bene.
Ora invece “vanno ad influire sulla Loss Given Default “ va bene giusto?
Ugo Ruffolo
Non capivo il senso della tua risposta in merito all’affermazione “La PD, probabilità che un’impresa sia insolvente e misurata dalle “etichette” (AAA, BBB,)” che, pur corretta, non aveva alcun collegamento con il senso del mio post.
Non mi meraviglia che ai seminari partecipino i commercialisti invece che gli imprenditori. Quello che mi meraviglierebbe piuttosto è che molti commercialisti riuscissero a far capire agli imprenditori l’importanza di ciò che viene detto a questi convegni 🙂